Ascoltare il proprio essere

Il gioco interiore: quando la mente diventa il nostro peggior nemico, saper ascoltare il proprio ESSERE può diventare il nostro punto di forza.

Il concetto di gioco interiore sta alla base del pensiero di uno dei più famosi coach professionali al mondo. W. Timtothy Gallway, celebre per aver scritto molti libri e per aver approcciato per primo lo sport da un punto di vista psicologico. Nel corso della sua carriera, ha collaborato anche con due esperti medici, affrontando e applicando il gioco interiore ad uno dei problemi che più affligge la società moderna – lo stress – spiegando come affrontarlo, gestirlo e combatterlo, prima che invada e mini ogni aspetto della vita quotidiana.

Il suo libro Il gioco interiore nello stress, i concetti e gli esercizi in esso contenuti sono incredibilmente interessanti e mi portano a pensare alle dinamiche che avvengono sotto miei occhi durante le sessioni con i miei clienti. Ad esempio, nel coaching sportivo entrano in gioco molti fattori che concorrono al buon o cattivo esito di un risultato: la pressione della vittoria, la paura del giudizio della squadra, del club, dell'allenatore, della famiglia e soprattutto il giudizio che abbiamo di noi stessi. Una cliente mi ha raccontato di come – quando è in vantaggio – si insinui in lei talmente tanto il dubbio e la paura che l’avversario possa rimontare, da arrivare a perdere la partita per davvero! Ad offuscare le nostre capacità e le nostre competenze, che senza ombra di dubbio abbiamo e sono in noi, concorre la rabbia che si scatena e che ci fa perdere la lucidità e la concentrazione.

Anche in contesti aziendali, ho assistito a dinamiche simili, nelle quali la persona sotto stress inizia ad avere paura di qualsiasi cosa: di prendere iniziative, di dare la sua opinione, persino di svolgere i compiti che abitualmente esegue con facilità. Lo stress annebbia e rende ogni cosa un ostacolo insormontabile.

"La pressione, sebbene sia percepita dentro di noi, sembra qualcosa che ci schiaccia dall'esterno. Essere all'altezza delle aspettative degli altri ha sostituito la nostra motivazione a eccellere (…).
Dall'età di 3 anni più o meno, la pressione è presente; cammina più veloce, parla di più, fai meglio. È un tema costante durante la nostra vita. Non finisce mai. Nella mia esperienza però è quando smetti di metterti pressione che riesci ad avere più successo. (…) C'è qualcosa di innato in tutti noi che vuole migliorare". (da Il gioco interiore nello stress)

Siamo costantemente confrontati con fattori esterni che ci spingono a pensare di dover vincere sempre e di dover essere i migliori. Il nostro metro di confronto, così, diventa il giudizio: giudichiamo e veniamo giudicati, mettendo tutti allo stesso livello, senza considerare le caratteristiche di ognuno e soprattutto le diversità. Il pensiero è: “se ce la fa lui/lei, allora devo farcela anch'io...”. Ma è proprio così? Siamo davvero tutti uguali? Abbiamo tutti gli stessi talenti, le stesse competenze, le stesse esperienze? Evidentemente no!

La nostra diversità è il nostro punto di forza! Siamo tutti potenzialmente dotati di unicità che ci distinguono gli uni dagli altri.

E se questa diversità imparassimo a riconoscerla, accettarla e finalmente a farne un vantaggio?
Mettersi a confronto può essere un metro di misura, ma a mio avviso non deve essere l'unico. Capire che possiamo raggiungere i nostri obiettivi, seguendo le nostre regole, le nostre esperienze e attigendo alle nostre risorse, è un primo passo per sentire meno pressione.

T. Gallwey parla nei suoi libri di SE1 e SE2:

·       SE1 è la mente: pensa, analizza, parla e sopratutto giudica.

·       SE2 è il nostro ESSERE persona: allena il corpo, la tecnica, i movimenti, gli schemi, la resistenza, l'intelligenza del gioco.

Lo stress e la pressione arrivano quando SE1 inizia a giudicare SE2. Questo giudizio è spesso alimentato da fattori esterni citati in precedenza, dalle aspettative altrui o dall’idea che abbiamo di queste. Lavorare su questi aspetti, capire e disinnescare i pensieri negativi è un primo passo verso i tre principi citati nel libro:

1.    La consapevolezza senza giudizio.

2.    La fiducia in se stessi.

3.    L'uso della scelta libera e consapevole.

Saper identificare il SE1 negativo mentre ci sta elencando tutti i motivi per i quali non riusciremo ad ottenere ciò che desideriamo e, al contempo, essere in grado di lasciar spazio al SE2 che al contrario ha tutti i mezzi a disposizione per riuscirvi, è ciò che permette di trasformare un ciclo improduttivo in un’onda armoniosa e potente.

Cambiare prospettiva, riuscire a vedere la partita, il lavoro, la giornata con la mente libera e leggera è ciò che mi sono prefissata. Come? Lavorando sulla consapevolezza dei propri mezzi, riconoscendo le risorse personali, le capacità e le competenze da utilizzare al momento del bisogno.

Fidatevi delle vostre risorse interiori per superare lo stress, quella fiducia diventa la base della vostra stabilità.

 

Paola FeltreCommenta